Se guardi Tosi in volto hai la sorpresa di trovarti davanti un fauno o un uomo trasognato. Ha gli occhi sempre sorridenti per nascondere una macerazione di sogni triturati in un frantoio senza fondo e proprio qui cominci ad avere un avvertimento che la sua pittura sarà tutt’altro che l’implacabile paesaggio tra cielo e mare o il fantastico rincorrere d’incubi tra il rosso e nero. Con quel viso costantemente tra il sorpreso e lo stupefatto e la voce suadente, con il galantonismo di un artista che non osa chiederti neanche di fermarti a guadare la sua fatica, Tosi quando prende la matita per il disegno o i colori per dipingere si scopre un uomo di temperamento e di battaglia.
Questa la prima notazione. E’ il grido soffocato, anzi il lamento silenzioso lontano e vicino dell’uomo che lo assedia dal cervello al cuore, che gli intride i sentimenti e la fantasia, che lo turba e lo costringe ad una ricerca senza fiato perché è all’uomo cui vuole parlare e non in tono consolatorio, ma per dirgli la sua pietà, ma per mettersi al suo fianco e battersi insieme.
Tutta questa angoscia per la sorte dell’uomo, Tosi l’ha rimediata dentro dopo avere imparato la tecnica, anzi la bravura di essere pittore.
Dopo essersi reso conto che poteva fare anche quadri che piacessero a chi, appendoli alle pareti di casa, vuole evadere attraverso i colori e le dipinte fantasie.
Cui è il suo merito principale: la rinuncia al facile, all’effetto, persino al gusto rispettabile, persino alla necessità che anche l’artista ha sempre e ciò di vendere, di ricavare perché il quotidiano della vita si batte contro le sue necessità e i suoi doveri.
Tosi è un pittore che si butta invece a capofitto a scontrarsi con le idee. E tutto, colori, geometrie, forma, contenuto, sono presi in questo vortice. Questo lo porta a tentativi diversi tal volta anche strani, persino irrisolti ma in tutte le sue prove è indiscutibile la sua tensione, il suo rigore morale e la luce che investe oggetti e figure è cosi alta da testimoniare sempre un segno della sua facilità di realizzare.
Naturalmente la cultura di cui Tosi si nutre e sopratutto la sua presenza e partecipazione d’un uomo ai fatti del mondo gli da e gli toglie come accade sempre quanto sei vivo negli ingorghi della vita, nei quali districarsi è difficile se non voi restartene da parte ignorando o giudicando dall’alto. Ed ecco allora che i tempi che Tosi si propone nelle sue pitture t’impegnano ad un accordo a non lasciarti distrarre, a non credere all’esotismo, alla tentazione insolente, all’eclettismo di forme e contenuti che sembrano gridare ad ogni angolo dove sono sorti anche troppi pittori che giocano a stordirci o almeno a meravigliarci.
Tosi fa sempre sul serio, crede sempre ai suoi personaggi e alle sue immagini, crede persino alle sue improvvise crudeltà. V’è in lui un’ingenuità che diventa forza d’urto perché si ostina a volere l’uomo vittorioso, il bene più forte del male, un’ostinazione vecchia com’Ë vecchio l’uomo, nata per fortuna con lui e che lo ha finora in effetti, salvato dal diluvio universale. Tosi vuole salvare anche gli altri dalla fine a costo di essere costretto a dare tutto se stesso. Da questa dedizione deriva la pienezza dei suoi colori senza trasalimenti: il rosso rosso, l’azzurro azzurro, il nero nero, e anche le sue donne sono aperte all’avventura della vita, decise a scolarsi ogni sudditanza ad ogni tabù.
Ma questo momento confuso del mondo, questo consumismo che divora l’uomo nel terrore di diventare prigioniero della noia, questa confusione tra affarismo e politica, tra sacro e profano, tra eroismo e vita, questo paese popolato d’insinceri voltagabbana di pavidi ruffiani non possono non dare anche a Tosi il capogiro della paura e la rabbia dell’isolata rivolta. Certi quadri risentono un po’ di questa incertezza e se non ci fosse la solidità dell’artista ci sarebbe da temere una fuga nella moda di certo strano realismo che vorrebbe collocarsi tra quello sovietico (in movimento finalmente in URSS) e quello americano di questi ultimi tempi che non è sforzo dell’avanguardia come qualcuno, anche da noi, lo considera, ma un’irrisione alla pittura.
Tosi si salva dal pericolo perché è intrinsecamente artista e la sua malinconia, dalla quale avevamo preso le mosse per questa nota, è così sincera e in certi momenti così silenziosamente straziante e altruista che non può concedere nulla al qualunquismo di sinistra pseudo rivoluzionario che considera l’uomo un robot pronto a scattare verso la morte quando qualche visionario intellettualista lo spinge con parole consunte e gesti scomposti e ridicoli a buttarsi contro il muro dell’impossibile. Tosi ha imparato che la pittura non è mai moda e neppure basta a qualificarla la sentenziosa predicazione di un paludato critico maestro, ma è sempre scoperta, sofferenza o felicità, ricalca di buio e di luce che ognuno deve conquistare così come la rivoluzione è una quotidiana lotta più aspra perché senza armi se non quelle della costanza, nell’intelligenza, dell’unità tal volta persino del compromesso alla luce del sole quando questo significa passi avanti nella liberazione dell’uomo dall’incubo e dallo sfruttamento, quando serve ad aprire una strada all’umano progredire.
Con la sua particolare, virile malinconia Tosi porta l’incanto delle sue luci, i suoi incontri tra uomo e donna, le sue ombre cariche di intimi misteri più ancora che di simboli suggestivi, il dono sincero di quel tanto di poesia che solo lui ci può e ci sa dare.